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Diffusione del Videosharing Online

Uno degli aspetti che ha modificato maggiormente la nostra cultura negli ultimi anni è il video sharing. Affermatosi inizialmente come strumento di svago, nel giro di poco tempo è diventato uno modo per condividere informazioni, capace di influenzare la cultura e le abitudini di vita più di quanto ci rendiamo conto. Esemplare in questo senso è la vicenda di Youtube, ormai leader indiscusso fra le piattaforme del settore. Fondato nel 2005 da tre ex dipendenti di Paypal e partito con un video ludico di 19 secondi girato allo zoo di San Diego, nel giro di pochi mesi si afferma come uno dei siti più popolari e più visitati sul web, fino ad essere notato da Google, che lo acquista dopo circa un anno e ne fa uno dei propri fiori all’occhiello.

L’idea su cui avevano scommesso i fondatori, cioè creare uno spazio per permettere di condividere contenuti video, si rivela vincente perchè agli utenti piace poter condividere i propri contenuti e visualizzare quelli di altri utenti. Come in altre formule social, grazie all’idea della condivisione, gli utenti non sono più semplici spettatori, ma diventano i protagonisti. Non a caso il motto del sito è: “Broadcast Yourself”. Il successo è tale che ad oggi il sito è stato tradotto in 61 lingue e localizzato per 56 paesi. L’impatto è notevole, sia sulle abitudini dei navigatori internet, che in campo culturale. Organi di informazione e media company ne scoprono l’importanza per fare informazione, gruppi musicali lo utilizzano per farsi conoscere dal pubblico, perfino formazioni politiche lo sfruttano per pubblicizzare le proprie idee e fare campagna politica. E trattandosi di uno strumento democratico perchè gratuito, la piattaforma diventa lo strumento privilegiato per chi cerca un modo per farsi conoscere senza grandi investimenti pubblicitari, come artisti emergenti o attivisti degli schieramenti più vari.

Grazie all’immediatezza della comunicazione video e alla diffusione di smartphone dotati di videocamera, tutti ormai sono in grado di produrre video e il video sharing si rivela uno strumento incredibile per trasmettere notizie in tempo reale e denunciare soprusi in occasione di proteste politiche o rivolte civili, tanto che in alcuni paesi, come l’Iran o la Birmania, viene bloccato l’accesso al sito dallo stato. Le grandi case di produzione discografica e cinematografica denunciano violazioni di copyright, a seguito della condivisione di contenuti protetti, ma poi ne intuiscono il potenziale e imparano a sfruttarlo per aumentare la propria visibilità. Secondo le statistiche di qualche anno fa, il 42% del traffico internet ormai passa da Youtube e i guadagni legati alla pubblicità sul sito sono astronomici.

In base alle ultime previsioni inoltre sembra che la diffusione del video sharing sia destinata a crescere ancora nei prossimi anni e c’è da scommettere che Youtube (e Google) stabiliranno il trend anche in futuro.

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Impatto del Mobile sulla Quotidianià

Il fenomeno più evidente degli ultimi anni nel campo dell’IT e delle telecomuncazioni è la diffusione dei device mobili. Dalle ultime ricerche emerge che al momento ci sono più telefonini che persone e il numero di possessori di smartphone, attualmente attorno al 50%, è in continua crescita.

Viene spontaneo chiedersi quali sono le motivazioni della diffusione a cui abbiamo assistito. Alcune sono evidenti: comodità di disporre di un mezzo di comunicazione portatile, anche in zone dove la telefonia fissa stenta a diffondersi, come nei paesi in via di sviluppo, costi sempre più bassi dei dispositivi a seguito della diffusione sul mercato, tecnologie sempre più evolute che consentono di effettuare operazioni prima possibili solo da un computer, come la navigazione su internet, gli acquisti online o l’utilizzo di applicazioni per le funzioni più varie e così via. Ma altre ragioni sono forse meno evidenti. Per comprenderle basta riflettere su una delle scene a cui ormai capita di assistere sempre più spesso, sui mezzi di trasporto, alle conferenze o in mille altre occasioni, cioè l’utente che quasi senza rendersene conto tira fuori e consulta ripetutamente il proprio smartphone mentre è in attesa di qualcosa o sta svolgendo altre attività, ogni qual volta si presenti un gap time.

Lo smartphone è stato definito come “il dispositivo anti-noia più perfetto mai creato finora”, mettendo in luce come gli utenti lo sfruttino soprattutto come scappatoia dalla noia nei momenti di attesa o in cui si svolgono attività poco coinvolgenti. Una conferma di questo fatto si nota è che, per la maggior parte dei suoi possessori, questi dispositivi sono talmente preziosi da non separarsene mai, l’ultima cosa che si mette da parte prima di andare a letto e la prima che si prende in mano la mattina, diventando una specie di estensione del proprio corpo, il device personale per definizione. Una caratteristica compresa perfettamente dai produttori che ne creano modelli sempre più accattivanti con funzioni innovative che solleticano la nostra curiosità e anche dai vari internet player che hanno interesse ad assecondare le nostre abitudini di surfare da un link all’altro, da un’applicazione all’altra per raccogliere il maggior numero di dati possibili su di noi. Tutto questo però come fatto notare da vari studiosi, ha un prezzo. Fra questi la capacità di concentrazione che si riduce sempre di più per via dell’abitudine al multitasking, la crescente incapacità di sopportare anche i più brevi momenti di attesa e con essa la minore creatività.

Nicholas Carr, uno scrittore statunitense esperto di tecnologia, in un articolo pubblicato nel 2008 sul The Atlantic è arrivato al punto di chiedersi: “Internet ci sta rendendo stupidi?”. Forse non è proprio così, soprattutto se consideriamo i vantaggi che ci sono stati forniti dai nostri device, ma sicuramente hanno modificato profondamente le nostre abitudini di vita e la nostra struttura mentale. Viene da chiedersi quale sia la direzione da seguire.

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Cosa Sono i Metadati

Le notizie degli ultimi mesi hanno portato all’attenzione del grande pubblico un concetto finora conosciuto solo agli addetti ai lavori, quello di Metadati.

Lo scandalo sul programma di sorveglianza di massa della NSA venuto alla luce dopo le rivelazioni di Edward Snowden e pubblicato dal The Guardian, ribattezzato dalla stampa italiana “caso Datagate”, ha portato alla scoperta della raccolta segreta da parte della National Security Agency di dati riguardanti le comunicazioni dei cittadini degli Stati Uniti e di altri paesi europei e non. Tralasciando le conseguenze sulla (mancanza di) privacy per i cittadini, l’aspetto più interessante è che le informazioni raccolte dall’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana erano i metadati relativi alle comunicazioni. Ma cosa significa concretamente? Per capirlo dobbiamo fare un passo indietro e stabilire cosa sono i Metadati. Come alcuni sanno già, i Metadati sono dati che descrivono altri dati in un determinato contesto e possono essere utilizzati per vari scopi.

I Metadati di tipo strutturale descrivono la struttura dei documenti e le relazioni tra le parti, i Metadati descrittivi servono per l’identificazione e l’individuazione degli oggetti digitali, mentre i Metadati Amministrativi e gestionali sono usati per la gestione degli archivi digitali. Per fare un esempio classico nel suo genere, all’interno del catalogo di una biblioteca, la scheda di un libro contiene vari metadati: autore, titolo, editore, anno di pubblicazione, collocazione del libro e così via. Lo stesso concetto si applica ad altre risorse, come comunicazioni telefoniche, via mail e così via. Ad esempio nel caso di una comunicazione telefonica, ad essere coinvolte sono varie informazioni: il numero del chiamante, la sua posizione geografica e la cella a cui si è collegato il telefono, il suo gestore, il numero chiamato, data e ora, eventuali spostamenti nel corso della chiamata e altro. Insomma, quasi tutto tranne il contenuto della chiamata. Un pò di tempo fa è stato pubblicato su Nature un articolo che analizza in modo più dettagliato quali dati è possibile recuperare tramite i metadati delle conversazioni telefoniche.

Si tratta di dettagli di minore importanza e la privacy degli utenti si può considerare salva come sostengono alcuni? Non è esattamente così. Dall’elaborazione di questi dati e dalla loro intersezione con altri dati si possono dedurre moltissime informazioni. Per esempio se qualcuno chiama spesso un numero per il supporto contro l’alcoolismo o la violenza domestica, si può desumere l’esistenza di una dipendenza o una situazione di abuso, così come se lo stesso utente chiama spesso lo stesso numero nel cuore della notte si può ipotizzare una relazione, magari extraconiugale. Dai dati del GPS incorporato nel telefono inoltre si possono tracciare tutti gli spostamenti del soggetto, in ogni momento del giorno o della notte. Incrociando tutti i dati a disposizione su un unico utente con quelli degli altri utenti con cui è in contatto, i dati si moltiplicano e si completano.

I motivi per preoccuparsi per la propria privacy quindi non mancano. Per chi volesse avere un’idea anche se in scala ridotta, dei dati accessibili su di noi, può consultare Immersion, un’applicazione web sviluppata dal MIT di Boston.

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Come Funziona il Mouse

Fu ideato e brevettato nel 1967 da Douglas Engelbart, uno dei più geniali ricercatori nel campo delle interfacce grafiche. Uno dei suoi più grandi meriti fu la continua ricerca di nuovi metodi per abbattere la difficoltà dell’uomo a comunicare con le sue stesse macchine coronato dal progetto dell’ NLS: computer intesi come estensioni delle capacità cognitive e di comunicare.

Anche se è stato uno degli ideatori dell’ipertesto, verrà ricordato soprattutto per l’invenzione del mouse, brevettato nel 1967 ma utilizzato solo più tardi dalla Apple di Steve Jobs.

Tipi di collegamenti

Naturalmente il piu’ longevo e duro a morire è il collegamento via cavo di cui ora si usa il connettore USB oppure il PS/2.In passato si usavano connettori seriali, poi la Apple introdusse l’Apple Desktop Bus (ADB) per i suoi Macintosh che venne in seguito sostituito dall’USB.

Ma vediamo brevemente il collegamento più diffuso: il PS/2. PS/2Il nome PS2 deriva dal computer IBM Personal system 2 del 1997 ed utilizza 6 connettori (all’inizio erano 6):

Il funzionamento è molto semplice:ad ogni movimento del mouse vengono associati 3 byte:

1. il primo byte oltre ad indicare il verso dei movimenti degli assi X e Y individua gli stati dei tre pulsanti standard (pressione e rilascio).

2. il secondo byte individua l’entità dello spostamento sull’asse X.

3. il terzo byte lo spostamento sull’asse Y.

Mouse Wireless
Un mouse senza filo è collegato al computer tramite un ricevitore, con il quale comunica mediante onde radio, raggi infrarossi o Bluetooth.

Alcuni svantaggi dei mouse wireless (necessità di batterie, autonomia limitata, interferenze,cavo di alimentazione per il ricevitore) hanno consentito al mouse con il filo di sopravvivere ancora.

Mouse meccanici
Funzionano in maniera molto semplice: il loro movimento viene individuato da una sfera di gomma posta all’interno che si muove a sua volta per attrito sulla superficie di lavoro. Le componenti del movimento X e Y vengono rilevate da due “rotelle” a contatto con la sfera e trasmesse al calcolatore.

E’ noto che la sfera di gomma dei mouse meccanici e le rotelline interne si sporcano molto velocemente.

Mouse ottici
Inizialmente venivano realizzati mouse ottici tramite LED in seguito si sono diffusi i mouse Laser.In entrambi i casi la superficie d’appoggio viene illuminata per poi analizzarne la riflessione per individuare il movimento.Ovviamente i mouse ottici sono molto più precisi di quelli meccanici, non si sporcano o inceppano, funzionano anche al contrario…

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Come Aprire File ODT

Nonostante la maggioranza dei documenti che si trovano in rete siano in formato PDF, esistono anche diversi tipi di formati con un’estensione che in pochi conoscono. Hai appena scaricato un file con estensione ODT e non hai la minima idea di come si faccia ad aprirlo? Non ti preoccupare, ci sono tanti servizi gratuiti che ti consentono di aprire file ODT.

I file ODT nascono per dare un taglio netto ad i documenti con il formato di cui Microsoft è proprietario (come ad esempio i formati DOC di Microsoft Word oppure i formati XLS di Microsoft Excel). Infatti, ODT sta proprio per OpenDocument, un tipo di file che non richiede dei software a pagamento e che non ha nulla a che fare con i programmi di casa Microsoft.

Uno dei migliori programmi per aprire file ODT è LibreOffice. Si tratta di una suite alternativa a Microsoft Office che puoi scaricare in maniera totalmente gratuita dal sito web indicato. Essa offre ben sei applicazioni per la elaborazione dei dati: Writer, Calc, Impress, Draw, Math e Base. E’ disponibile per Windows, Mac OS X e Linux.

Una volta che hai aperto il portale, premi sul pulsante verde Scarica LibreOffice che trovi situato al centro della pagina per avviare il download. Aspetta che l’intero pacchetto venga scaricato sul PC (come detto, ci sono diversi software inclusi e potrebbe volerci qualche minuto in più) ed apri il file. Clicca su Avanti, su Installa e su Fine per concludere l’installazione.

Adesso i file in formato ODT dovrebbero già essere associati al programma installato poco fa. Ma, se così non fosse, non devi far altro che cliccare con il tasto destro del mouse su un file ODT, scegliere la voce Proprietà dal menu che compare, cliccare su Cambia, poi su Sfoglia ed inserire il seguente servizio: C:\Program Files\LibreOffice 4\program\swriter.exe.

Se invece hai un Mac, premi sul pulsante Scarica LibreOffice ed appariranno due versioni differenti: LibreOffice_x.x.x_MacOS_x86.dmg per la suite completa e LibreOffice_x.x.x_MacOS_x86_langpack_it.dmg per il pacchetto che serve per tradurre LibreOffice in lingua italiana. Entrambi i file sono gratuiti. Ora sei pronto ad aprire i file ODT in un attimo.